google.com, pub-1144816393724257, DIRECT, f08c47fec0942fa0 google.com, pub-1144816393724257, DIRECT, f08c47fec0942fa0

Il mio curriculum raccontato 1.0

Negli ultimi anni il mio lavoro è stato cercarmi un lavoro. Sono iscritto al vecchio “collocamento” ora Centro per l’impiego, sono iscritto su tutti i siti dedicati alla ricerca lavoro, sono iscritto alla maggioranza delle agenzie interinali, in breve ho cercato e ricercato tramite tutti i canali possibili.

Non avendo avuto riscontro ho iniziato a farmi tante ma tantissime domande, su cosa non funziona, dove sbaglio io, o dove il sistema lavoro. Allora ho iniziato una sorta d’indagine guardando gli altri, ovvero ho preso in considerazione una quantità di persone che conosco abbastanza bene, per capire i vari lavori, dove, come e quando li hanno trovati.

Premessa importante da fare, è che sono un quarantenne diplomato, ma che non ha nessuna vera specializzazione o meglio, si potrebbe dire che non ho fatto la stessa attività per trent’anni di fila.

Ho quindi realizzato una tabella Excel, con una cinquantina di nomi, di qualsiasi sesso, età e provenienza, in parole povere una statistica familiare allargata, e purtroppo il risultato è stato veramente deludente e per la mia situazione pessimo.

I risultati di questa ricerca, sono stati che, il 90% ha trovato lavoro tramite conoscenza, di questa percentuale, il 70% tramite raccomandazione e il restante 30% è entrato in attività familiari o simili. Il restante 10%, ha trovato lavoro da solo, ma l’80% è laureato, il 6% è fortemente specializzato o con molta esperienza, il 4% ha un attività propria, e l’altro 8% è all’estero. Resta un misero 2% che ha trovato lavoro da solo, senza tutte le agevolazioni precedenti, e sono solo donne. Ad aggravare la mia situazione, è che la maggior parte di queste persone ha iniziato comunque in età giovanile.

Dopo questa sconfortante e triste ma dura realtà, ho iniziato a interrogarmi su come potevo reinserirmi nel mondo lavorativo, sfruttando queste informazioni.
Prima di tutto, ho fatto tutte quelle ricerche che si fanno in rete, tipo come cercare lavoro, come guadagnare, come fare il curriculum, come migliorare il mio “biglietto da visita”.

Partiamo con ordine:

La maggior parte dei lavori, è per raccomandazione diretta o tramite un’attività familiare, premetto che non ho niente in contrario sulle raccomandazioni, mi sono più volte posto questa domanda, e prima mi arrabbiavo molto con i “raccomandati”, lo trovavo ingiusto. Adesso mettendomi anche nei panni di chi deve assumere, dico: “Ma nella mia azienda preferisco avere una persona che conosco o un estraneo?" Rispondo: "qualcuno che conosco", ma se a livello professionale è più scarso rispetto a uno sconosciuto, cosa è meglio? Dipende, se deve progettare un motore di un aereo, è meglio lo sconosciuto formato, se deve fare le pulizie, meglio un conoscente. Quanti posti per l’ingegnere di aerei? Quanti posti per l’omino delle pulizie? Comunque, tra due ingegneri d’aereo, uno conosciuto e l’altro no? Preferirei quello che conosco. Troppo semplicistico? A me sembra molto reale. 

Quindi, ho conoscenze dirette, che possono trovarmi un posto di lavoro? La risposta è no, altrimenti non avrei mai scritto questo post. Ho qualcuno in famiglia o amici che hanno un’attività, e che ha uno spazietto per me? Anche qui la risposta è no. Con questo, mi sono già bruciato il 90% delle possibilità.

Passiamo al 10% restante. Non sono laureato. Non sono fortemente specializzato con esperienza? Pare di no, visto che mi scartano, non ho un’attività in proprio, non ho i fondi per farla, perché non mi danno fondi senza garanzie, che non ho. Quest’ultima cosa, ribadisce, che non sono ricco ovviamente. Mi trovo in Italia e non all’estero, anche se ammetto di averci pensato in passato più volte, e dove forse qualcuno mi ha detto: “vieni che qui c’è qualche possibilità”, ma poi, arriveremo a spiegare anche questo punto. Resta tutta la speranza in quel misero 2%.

Chi è arrivato a questo punto, potrà dire: “in effetti è vero, anche io sono in questa situazione di m…. “. Oppure: “poverino, a quest’età è difficile trovare lavoro”, oppure, “questo è un altro che si lamenta e basta, invece di scendere, e andare a raccogliere i pomodori!”

Vero, alla fine dei conti, come anche per le altre circostanze della vita, la cosa più importante è il carattere! E’ inutile stare qui a piangersi addosso, cacciare il carattere, e via per la tua strada!

Belle parole motivazionali, ma chi quel tipo di carattere non ce l’ha, colui che quegli studi non ce li ha, colei che quell’esperienza non ce l’ha, quello che ha perso il lavoro a quarant’anni, quello che non lo trova da quarant’anni. Cosa devono fare?

Rispondo molto facilmente: 

Un bel niente.

Con questo post di sfogo, misto “cerco risposte vere”, non voglio lamentarmi, ma cercare soluzioni al problema, chiaramente, non pretendo ne aspiro a risolvere il problema lavoro in Italia e nel mondo, con questo post, spero almeno, di risolvere il mio problema lavorativo, e magari far riflettere qualcuno.

Quindi ripartiamo da qui, non ho nessuno dei punti precedenti a mio favore, e a quanto pare, neanche quel “carattere” necessario per distinguersi dagli altri, e spiccare nel mucchio? E come si fa a farsi conoscere, e trasparire il proprio carattere? Dal curriculum il carattere non si evince, se non fai un colloquio neanche, perché è un’esperienza dalla durata breve, e piena di stress, che anche in quel caso è difficile da determinare. Allora, in che modo posso farmi conoscere caratterialmente, perché credo, che ancora il contatto, l’empatia, il feeling, alcune caratteristiche come la passione, la manualità, l’estro, la calma o la gentilezza, oppure la caparbietà, possono essere utili in alcuni lavori, anche se con poca esperienza o professionalità. Ma come dimostrarli a uno sconosciuto in dieci minuti?

La mia idea, è realizzare il mio curriculum raccontato, come una storia. Qualcuno dirà, a cosa serve? Ma chi lo leggerà mai? Figuriamoci quelli che devono reclutare. Probabilmente non servirà a niente ai fini lavorativi, ma è la mia risposta, o meglio è quella risposta che vorrei dare, ogni qual’ volta, vengo scartato per una posizione lavorativa a cui mi sono candidato. E magari, qualcuno leggendo potrebbe dire: “se avessi un’azienda, lo prenderei a questo tipo, sembra molto simpatico, e ordinato”, o viceversa, chi ha un azienda potrebbe dire: “meno male che non l’ho preso, ti immagini uno così, qui dentro, sarebbe un disastro”.

Inizialmente, volevo scriverlo in un unico post, ma 44 anni non sono pochi, per cui scriverò più post, sarà un curriculum a puntate.

Continua...

Chi si lava i denti con l'acqua calda?

Non so spiegare questa strana abitudine. Me lo sono chiesto molte volte, nessuno che conosco si lava i denti con l'acqua calda, ne amici ne parenti che io sappia. 
Ho provato a indagare ma nessuno sa darmi una risposta da dove sia nata questa faccenda. C'è qualcuno che si lava con l'acqua calda i denti? 
Soprattutto, non fa niente? 
Meglio l'acqua fredda? 
Forse qualche dentista oppure odontotecnico sa darmi una risposta al riguardo. 
Cercando di ricordarmi da dove possa venire questo metodo, ho fatto un ipotesi, forse la più plausibile è:

Quando ero ragazzo ho avuto un periodo che mi ricordo in cui ho sofferto di sensibilità dentale, in particolar modo con il freddo, infatti mangiare il gelato era una vera tortura. 
Probabilmente in quel periodo ho iniziato a lavare i denti con acqua tiepida/calda, per non avere il fastidio del freddo. È l'unica cosa logica che mi viene in mente, dopo di che evidentemente ho continuato con questa pratica, e ancora oggi faccio così. 
A dire il vero non mi da fastidio, anzi non nascondo che mi dà una sensazione di pulizia migliore, più profonda, ma sicuramente sarà una mia sensazione. L'unico "fastidio" è quando mi trovo a parlare con qualche persona, perché fanno una faccia inorridita. Come a dire "MA COSA FAI? E, COME FAI?". Alcuni non possono pensarci, ma non lo trovo così strano o particolare.

Restando in materia di pulizia dentale, l'acqua calda con allo spazzolino elettrico Oral B per intenderci questo , sono un'accoppiata vincente, credo che sia un'invenzione straordinaria, ma anche in questo caso ho sentito pareri discordanti sull'utilizzo di questa invenzione. Anche in questo caso non so dov'è la verità, va bene?
Fa bene? 
Fa male? 
Qualcuno si lamenta che danneggia le gengive, ma ha un sensore di pressione che avverte e comunque con l'utilizzo si perfeziona la tecnica di lavaggio. Alla fine il risultato è ottimo.

Il ghiro d'italia 2019 della RAI

Gli sport che più amo e seguo sono due, e pensandoci bene hanno molte cose in comune.

Entrambi hanno più squadre partecipanti, ma allo stesso tempo sono sport individuali, poiché il vincitore è unico. Si avvalgono di un mezzo tecnico, portando ai massimi livelli la ricerca tecnologica, associata alla massima performance fisica. Le location sono all’aria aperta e con panorami talvolta mozzafiato. Il meteo fa la sua parte spesso e volentieri.

Una delle parti migliori è la tifoseria, senza età, sesso e colori, mischiata e solitamente molto numerosa, calorosa, colorata e trasversale, direi mondiale. Probabilmente dovrebbero essere un esempio per altri tipi di sport.

Hanno in comune la pericolosità, la velocità e hanno entrambi le ruote. Gli atleti hanno il casco e curiosamente fanno pipì mentre sono in gara.

Quanti avranno indovinato a questo punto?

Ok vi do un aiutino, uno ha il motore l’altro no, o perlomeno non va a benzina.

Si tratta della Formula 1 e del ciclismo su strada.

Perché parlo di questi due sport che mi sono cari? Perché oltre a tutto quello precedentemente scritto hanno o meglio, avevano fino a qualche anno fa, ancora una cosa in comune: la RAI.
Ebbene sì mi sono avvicinato a queste discipline anche grazie alla Radio Televisione Italiana, che ha trasmesso gli eventi in tv.

I miei ricordi partono da quando correvano Jean Alesi e Gerhard Berger in Ferrari, anche se c’è da dire che la vera passione arrivò con Michael Schumacher e Eddie Irvine alla guida della rossa di Maranaello.

In quegli anni la telecronaca era affidata prima a Andrea De Adamich e Guido Schittone, sulle reti Fininvest. Per poi tornare alla RAI con Gianfranco Mazzoni, e commento tecnico René Arnoux, passata due anni dopo al pilota Ivan Capelli. Con il commento tecnico di Giorgio Piola, e i due inviati in pista e box Ettore Giovannelli e Stella Bruno, senza dimenticare le fantastiche interviste di Ezio Zermiani. Anni bellissimi anche per merito della Ferrari e dei tanti successi del Cavallino Rampante.

Nel 2017 La RAI tv di stato perde i diritti e non trasmette più i gran premi, che passano a Sky. Una cosa vissuta molto male dai tifosi, era un’occasione divertente e conviviale per una giornata di sport. Ancora oggi non mi capacito di come sia possibile che una Tv di stato non sia in grado di competere per mantenere la Formula Uno, uno sport nazionale direi visto che molta parte di questo sport (uomini e mezzi) vengono dall’Italia. Oltre a perdere dei professionisti come quelli sopracitati, alcuni emigrati in altre tv, altri sprecati in giro, anche se dovrei essere contento di vedere Giovannelli tra i ciclisti. Ma non lo sono perché dovrebbe assolutamente stare tra i piloti.

Anche se questa situazione mi rammarica, so anche che si tratta di “business” e quindi c’è poco da fare, mi rassegno e oggi guardo la formula uno versione inglese commentata da James Allen, e l'ex pilota Martin Brundle.

Caso molto diverso quello del ciclismo.

Inizio a sentire di questo sport quando il dualismo era tra Francesco Moser e Giuseppe Saronni, ma il vero avvicinamento è arrivato con Gianni Bugno e Claudio Chiappucci, per poi continuare con il pirata Marco Pantani e Il re leone Mario Cipollini, fino ad arrivare ad oggi con Vincenzo Nibali. Ho sempre seguito con interesse e passione, nonostante momenti molto bassi che hanno colpito il ciclismo, e inutile negare l’ala oscura del doping che ha purtroppo coinvolto questo sport. Una pratica da condannare fortemente anche in questa occasione.

Quindi ho iniziato a seguire il Giro d’Italia, da quando approdò su Mediaset nel 1993, con la telecronaca di Davide De Zan (figlio di Adriano) con il commento tecnico di Giuseppe Saronni, poi sostituito nell’ultima stagione mediaset nel 1997, da Silvio Martinello.
Il Giro ritornò in Rai, dove iniziò un radioso futuro per questo sport, alla telecronaca tornò il grande Adriano De Zan con il commento di Davide Cassani. Nel 2001 Arrivò Auro Bulbarelli al posto di De Zan. Nel 2010 Al posto di Bulbarelli arriva Francesco Pancani sempre affiancato al commento tecnico di Davide Cassani.

Nel 2014 Al posto di Cassani arriva il commento tecnico di Silvio Martinello. La coppia di telecronisti Pancani Martinello arriva fino all’inizio 2019.

Perché questa cronologia? Semplicemente perché molti fan del ciclismo soffrono molto i cambiamenti della telecronaca, perché quelle voci diventano familiari, bisogna considerare poi che le telecronache negli anni sono diventate sempre più lunghe. Ma bisogna dire che questi cambiamenti sono dovuti a cause di forza maggiore, o miglioramenti professionali degli interessati, fino ad oggi.

Nel 2019 La squadra sembrava collaudata, invece arriva la sorpresa da parte della RAI che sostituisce Pancani e Martinello, il primo retrocedendolo di ruolo scambiandolo, con Andrea De Luca inviato in moto e, non rinnovando il contratto con Martinello, e al suo posto Alessandro Petacchi.

Ora voglio dire, niente è per sempre e questo si sa, ma in questo caso non si riesce a capire questo cambiamento, aspramente contestato da coloro che seguono questo sport, arrivando a iniziare una petizione per riportare le due voci al proprio posto. Cambiamenti troppo pesanti che non sono stati graditi, Da Alessandra De Stefano promossa vice-direttore che non può andare in video, al cambio della telecronaca, agli inviati come Marco Saligari che non dice più “passo”. Sembra che ci sia maretta da quelle parti. Ovviamente nessuno parla e spiega cosa succede e perchè, e gli unici a pagare con il canone un prodotto scadente e comunque non voluto indovinate chi è?

Per finire vorrei dire c’è a chi importa la telecronaca e a chi no. Cosa costa accontentare a chi importa? Tanto a chi non importa e uguale no?

5150 e la chitarra canta Van Halen docet

Sono sempre stato un grande appassionato di musica, in particolar modo per il rock in tutte le sue forme, da quello più soft a quello più estremo, da lì anche il mio amore e  avvicinamento alla chitarra. Di tanto in tanto faccio un gran "giro" musicale, cioè prendo una band o un'artista e mi riascolto tutta la discografia completa. Spotify o Youtube per questo sono davvero utili ed economici.
Questo metodo è molto interessante, oltre a far ripercorre l'intera carriera artistica, si scoprono tantissime curiosità e le evoluzioni nel tempo, così come riscoprire i dischi belli e quelli brutti. In poche parole, è un esercizio che consiglio a tutti da fare di tanto in tanto, soprattutto per gli artisti o band preferite. Perché in fondo siamo portati ad ascoltare i nostri brani preferiti o quelli puù noti e magari ci sono perle nascoste dietro l'angolo che non ricordiamo più.


Come detto in precedenza adoro la musica rock, e uno delle mie band preferite sono sicuramente i VAN HALEN, gruppo nato negli anni 70 dai fratelli olandesi Edward e Alex Van Halen.
Come molti sapranno Edward meglio conosciuto come Eddie Van Halen è uno dei chitarristi più influenti nella scena rock ancora oggi, probabilmente dopo Jimi Hendrix è colui che ha messo un segno indelebile per quanto riguarda la chitarra elettrica moderna. E' stato un innovatore in tutto, la sua trasversalità musicale, una capacità brillante di interpretare i più svariati generi e stili musicali. La sua tecnica chitarristica sopraffina ma al contempo potentissima, ancora oggi copiata e utilizzata da moltissimi "discepoli chitarrai". La grande capacità di "fare il suono Van Halen", modificandosi più o meno, per caso o per volontà, tutta la strumentazione da solo, dalle chitarre agli amplificatori. E non ultimo la performance live, certamente atletico e colorato, racchiuso in una parola spettacolare.

Fatta questa breve anteprima su una figura iconica del rock'n'roll, ho ripercorso tutta la discografia dei VAN HALEN diverse volte.

Il primo album del 1978 "VAN HALEN" è stata una pietra miliare. Hanno subito raggiunto il top con brani incredibili e indimenticabili, Eddie alla chitarra il fratello Alex alla batteria, il bassista Michael Anthony e il mitico cantante David Lee Roth, hanno realizzato un vero e proprio capolavoro.
Anche se i fan più fedeli e attenti conoscono il catalogo completo a memoria. Io vi segnalerò un mio riassunto di brani meno "famosi" dei loro successi, ma degni da riscoprire e riascoltare, come le ultime tre canzoni dell'album omonimo, la rockeggiante "LITTLE DREAMER" o il blues elettrico/acustico "ICE CREAM MAN" e "ON FIRE" la più metal del disco.

Nel 1979 arriva "VAN HALEN II", dove segnalo "OUTTA LOVE AGAIN" e la spettacolare "SPANISH FLY" un minuto dove un superlativo Van Halen si concede alla chitarra classica.

Siamo al terzo disco nel 1980 "WOMAN AND CHILDREN FIRST", Subito il sapore trash di "LOSS OF CONTROL" e l'elettro/acustica "TAKE YOUR WHISKEY HOME" e ovviamente l'acustica blues/country tutta slide guitar "COULD THIS BE MAGIC?".

1981 "FAIR WARNING" quarto album della band americana. La prima da ascoltare è "SINNER'S SWING!", un po’ di progressive style con "PUSH COMES TO SHOVE" e lo sperimentale "SUNDAY AFTERNOON IN THE PARK" e "ONE FOOT OUT THE DOOR".

1982 "DIVER DOWN" l'album noto per la copertina rossa con la fascia bianca e per la cover di "(OH)PRETTY WOMAN" va certamente ascoltata "CATHEDRAL" la strumentale di chitarra, "LITTLE GUITARS", il charleston "BIG BAD BILL" e il vocal finale "HAPPY TRAILS". In questi ultimi brani si può verificare e assaporare l'effettivo talento camaleontico della band californiana.

Arriviamo all'84 con l'album “1984”, il disco con il brano che forse li ha portati a essere conosciuti in ogni angolo del pianeta "JUMP".  Chiaramente l'intro "1984" e "TOP JIMMY" non possono essere tralasciati.

Eccoci al 1986 con "5150" con il primo cambio di voce, arriva Sammy Hagar dietro al microfono. Come non ascoltare la titletrack "5150" e "INSIDE".

Ottavo album in studio per i Van Halen è "OU812" siamo nel 1988,  da non perdere "SOURCE OF INFECTION","FINISH WHAT YA STARTED" e un blues molto Mississippi style "A APOLITICAL BLUES".

1991 arriva "FOR UNLAWFUL CARNAL KNOWLEDGE", da ascoltare "THE DREAM IS OVER" e la strumentale "316" assolutissimamente.

1995 il decimo album "BALANCE". La prima song da tenere in considerazione è il tiratissimo rock'n'roll "BIG FAT MONEY", "STRUNG OUT" e "BALUCHITERIUM".

Nuovo cambio dietro l'asta del microfono nel 1998 per l'album "VAN HALEN III" arriva il cantante degli EXTREME Gary Cherone. Si parte con la strumentale acustica "NEWWORLD" per poi proseguire con "FROM AFAR", "YEAR TO THE DAY" e per finire la particolare "HOW MANY SAY I" cantata da Eddie Van Halen.

In fine c'è il ritorno di David Lee Roth nel 2012 con l'album "A DIFFERENT KIND OF TRUTH". Lo storico bassista Michael Anthony viene sostituito dal figlio di Eddie Wolfgang Van Halen, e si parte con la seconda traccia “SHE’S THE WOMAN” è molto interessante, poi “STAY FROSTY” “BEATS WORKIN’”.

Siamo nel 2019 in attesa che la storia musicale dei VAN HALEN continui, magari con la formazione originale, tanto cara ai più nostalgici, E che Eddie ci spacchi ancora un po’ le orecchie con la sua chitarra.
ROCK ON!

E' utopico parlare di utopìa

Sarebbe bello, ma è impossibile realizzarlo. Ideale ma irranggiungibile? Magari si potesse ma è assolutamente UTOPICO.
Ho sentito spesso questo mood, poi mi sono chiesto ma è utopico rispetto a qualcosa o qualcuno, alla volontà dell'essere umano? Utopico perché non raccoglie la volontà assoluta. Quindi non impossibile ma casomai il contrario se c'è la volontà.
In tanti campi si è raggiunto un risultato che per anni sembrava un sogno proibitivo, eppure si è realizzato.

Quindi in realtà l'utopìa non esiste o è un invenzione per giustificare la non volontà di arrivare allo scopo? E se invece esiste, coloro che persistono inseguendo il sogno, stanno perdendo solo del tempo? In fondo se è impossibile perché farlo? Probabilmente era una domanda da fare a Marzullo in tarda notte magari dopo una birra.

Alla fine se l'utopìa è una visione ideale dell'uomo verso una "situazione", vuol dire che molto probabilmente è assolutamente realizzabile, visto che ci ha pensato lui, quindi ricade nelle sue conoscenze reali o teoriche e conseguentemente ha la "capacità" di realizzazione dell'opera. 
Forse l'uomo è solo nemico di se stesso, e si evolve autodistruggendosi, che non vuol essere necessariamente una critica ma solo un dato di fatto? Troppe domande in un post solo!